Giuseppe Antonello Leone: le geniali logiche multiple
Il genio testimoniato nella cultura, che è spazio che comunica, nelle intuizioni ispirative di progetti realizzati a regola d’arte, nel verso creativo che universalizza il sogno e l’esperienza vissuta, nella risignificazione di brandelli di prodotti inutilizzabili, nella padronanza assoluta di tutte le forme in cui le arti visive hanno fatto storia, sono le prerogative del leonardesco Giuseppe Antonello Leone, della cui amicizia e del pensiero condiviso ho goduto per oltre mezzo secolo.
Anche dopo la sua uscita dal mondo, per me non è una presenza assente e non lo è neppure per l’ Associazione Fabrizio Romano per la quale è stato prodigo di consigli amicali. Nelle Commissioni dei Premi Promossi dal Sodalizio, ha sostenuto tante giovani promesse che sono voci autorevoli nelle arti e nell’impegno didattico. Parlare di Antonello, Beppe, Giuseppe Antonello, come lo chiamavano gli amici, è una vera gioia perché nelle logiche multiple delle sue ricerche, vissute a tutto tondo, ha dato prove di sapienza vitruviana, rinascimentale e di quella modernità che non solo vale per il buono e per il nuovo proposto all’attualità, ma si proietta nel presente che s’infutura.
Nella sua produzione non figura mai una caduta di stile. Le sue mani operose, guidate da un fervore di pensiero, sempre animato d’umanità, hanno dato vita a significativi affreschi, mosaici, sculture di grandi dimensioni, scoperte d’arcaicità nelle pietre che, con minimi tocchi, proponevano volti e pensieri sottratti alle corrosioni del tempo. I suoi materiali? Carta, stagnola, metalli, ceramiche, vetri, mosaici, polistirolo,rotoli di cartone, tubicini, contenitori di plastica…
Bastavano pieghe e magiche manipolazioni perchèe nascessero capolavori degni di tutela museale. Di Giuseppe Antonello Leone non si dirà mai: “…e più di lui non si ragiona”. I “concetti”, che citiamo di seguito, sono indicativi della sua attenzione al filo d’erba che pensa, alle stagioni della vita che accomunano le sorti degli uomini a quelle dei mondi pluriversi. Tutto ciò che ci circonda attende dall’arte un fortemente avvertito contributo maieutico: l’impegno creativo non si discosta da quello dell’ostetrica che pilota alla luce una nuova vita.
I regni della natura vanno sollecitati al dialogo e l’occhio, messaggero del cuore, avverte l’ansia metamorfica di ciò che natura crea e scienza tecnologica produce. Siamo individui metamorfici un una metamorfosi globale che coinvolge tutta la vita, terrena e delle galassie. Tutto ciò che esiste pensa. Nella pietra dorme lo spirito che Shelling riconosce allertato nella pianta, in movimento con l’animale e, segnatamente manifesto, nell’uomo continuatore della creazione, o se si vuole, sollecito acceleratore di momenti evolutivi. Spetta alla parola elevata a poesia, al gesto cromatico, agli strumenti canonici, di cui le arti tutte si avvalgono, il miracolo di animare di poesia tutti i doni delle Muse.
Ho sintetizzato in queste considerazioni le proposte estetiche di un creativo tra i più illuminati del nostro tempo, osannato e invidiato come tutti gli eretici improntati di una stupefacente genialità. Ho già affermato che Giuseppe Antonello Leone viene ricordato come tra i più generosi amici dell’Associazione Fabrizio Romano, sempre generosamente disinteressato, sempre pronto a sostenere i giovani talenti. Sosteneva che rischiavano di farsi sempre più rari, magari dotati di forte volontà, ma esiliati dalle botteghe dove le tecniche non si apprendono in maniera approssimativa da chi purtroppo osa addirittura insegnarle senza la padronanza che qualifica la competenza.
Per gli amici era Antonello. il creativo per eccellenza, che aveva il segreto del moderno, il cui senso splende in tutto ciò che vale modo, ora. Un reperto della classicità antica, che lo esigeva armoniosamente perfetto può essere modernissimo se ancora vale per la sua perfetta armonia, mentre il frutto di una fantasia proposta senza cuore e cervello, non sarà mai né nuovo né buono. Le ragioni della sua ragione sono illuminanti: in lui celebriamo l’irpino, nato a Pratola Serra il 6 luglio 1917 e il napoletano d’elezione che ci ha lasciato il 26 giugno 2016, con il rimpianto della sua sempreverde gioventù creativa.
Angelo Calabrese