Marina Abramović a Castel dell’Ovo: il valore della performance art
Dal 18 Settembre al 17 Gennaio si terrà, presso il Castel dell’Ovo, la mostra d’arte Estasi, dedicata all’ultrasettantenne artista serba, “nonna” della performance art, Marina Abramović. L’evento si articolerà attraverso la presenza di tre maxi video che documenteranno le performances tenutesi dalla stessa nel 2009 nell’ex convento di La Laboral a Gijón, in Spagna.
La serie di video, intitolata The Kitchen. Homage to Saint Therese tratterà la figura di Santa Teresa D’Avila, la cui spiritualità fu caratterizzata dall’estasi, considerata dalla teologia cattolica come il grado più alto dell’esperienza mistica. Occorre precisare che la performance art, nata ufficialmente negli anni Settanta e preceduta da espressioni artistiche non convenzionali come la body art, non cerca di riprodurre in modo fittizio la realtà come potrebbe avvenire nel teatro: al contrario, cerca di trascendere le dinamiche reali al fine di esprimere un concetto, un’emozione, una critica, una riflessione.
Invito, pertanto, i miei concittadini napoletani ad approfondire questo tipo di forma artistica, specialmente in un momento storico in cui i concetti di immagine e di azione sono spesso vissuti in modo superficiale.
Siamo immersi in un mondo che ci bombarda letteralmente di immagini, in particolar modo a scopo pubblicitario, e spesso non siamo in grado di decifrare correttamente questo tipo di messaggi visivi. Stesso problema vale per le azioni: il linguaggio pubblicitario ci ha abituati a sequenze rapide e a forte effetto scenico, tutte improntate sull’aspetto estetico. Questo genere artistico, invece, propone una riflessione più approfondita circa l’utilizzo delle immagini e il significato dell’azione poiché, essendo arte concettuale, riguarda tutto ciò che la sfera umana può offrire, da elementi tribali, sportivi, rituali o religiosi fino a elementi di stampo tipicamente satirico e macchine robotiche. Stiamo parlando di un linguaggio artistico molto creativo, poliedrico, che offre all’artista svariate possibilità di espressione concettuale e che, come tale, rappresenta un utile strumento per poter educare soprattutto le giovani generazioni ad uno sguardo critico di ciò che i mass media e i social ci propongono a ritmo incessante.
Uno strumento, dunque, per riflettere e capire: quale concetto nasconde questa immagine? E questa azione? Cosa vogliono comunicarmi? Qual è l’obiettivo dell’autore? Ancora è interessante come questo genere artistico sia utile anche per coltivare le emozioni, in un mondo moderno spesso eccessivamente razionale, al punto da diventare cinico e spietato. Nel 2010, presso il MoMa di New York, Marina Abramovic ha presentato la sua performance “The Artist is present”. L’artista per tre mesi è rimasta seduta a un tavolo per sette ore al giorno, guardando per un minuto negli occhi e in silenzio chi volesse entrare in contatto emotivo con lei: un’idea geniale per riscoprire il valore delle emozioni, dei sentimenti, dell’empatia.
Quanti persone oggi non si guardano più negli occhi? Forse questo è un privilegio di cui godono solo gli innamorati. Se forse iniziassimo a guardarci un poco più spesso negli occhi, sono convinto che riusciremmo a scoprire l’aspetto più intensamente umano che è in noi. In una epoca moderna cinica, nichilista, materialista e narcisistica, guardarsi negli occhi potrebbe essere un gesto semplice per ritornare alla nostra umanità. Grazie Marina.
12 Ottobre 2020