Il Figlio velato: l’arte dell’empatia

Un messaggio semplice e potente: restiamo umani.

Jacopo Cardillo, in arte Jago, è un artista italiano, di fama internazionale, autore di una meravigliosa scultura, Il Figlio Velato, realizzata a New York e che ha trovato  dimora nel quartiere Sanità di Napoli, nella chiesa di San Severo fuori le mura, all’interno di una mostra che sarà inaugurata il 21 dicembre perché, a detta dello stesso artista, «La sua casa è Napoli».

L’artista ha dichiarato di aver trovato quasi per caso quella chiesa che lo ha attratto per la sua silenziosità, da un lato, e per il rumore dei bambini dell’oratorio proveniente dall’esterno. Questo binomio silenzio – rumore ha reso il luogo ideale per far riflettere sul senso dell’opera, un senso profondo e distante da quello del Cristo velato della cappella San Severo.

Se Cristo è il Dio che si è fatto uomo e si è sacrificato volontariamente per la salvezza dell’umanità intera, il Figlio velato è un semplicissimo bambino vittima di quello stesso male che il Cristo velato ha combattuto: il male dell’indifferenza.

Il Figlio velato potrebbe essere nostro figlio, vittima di un naufragio, della criminalità, della povertà, un semplice bambino coperto da un velo, di cui si scorge solo la mano destra, simbolo di una umanità fanciulla violata.

L’opera, secondo l’autore, non ha un significato religioso. L’intento è quello di rappresentare, con la stabilità del marmo, quell’innocenza di un bambino che troppo spesso ci sfugge nelle immagini veloci che ci vengono proposte dai mass media.

Un’opera veramente interessante difronte alla quale nessuno può restare indifferente: in una società che vive sempre di corsa, si susseguono a velocità frenetica dinanzi ai nostri occhi immagini di immani tragedie alle quali ormai siamo talmente abituati da non farci più caso, come se non ci riguardassero, con una tale rapidità che non riusciamo a sviluppare un rapporto di empatia. Ed è come se ci privassimo della nostra stessa umanità, umanità che significa in primo luogo vicinanza, la capacità di mettersi nei panni dell’altro, ponendosi empaticamente nella situazione emotiva e psicologica di un’altra persona.

Napoli ha un nuovo Figlio, dunque, velato, capace di far riemergere quel senso di umanità, comprensione e solidarietà che troppo spesso la società moderna tenta di sopprimere.

Il Figlio velato resterà a Napoli come monito per le generazioni future di un periodo storico travagliato come quello che stiamo vivendo, e specialmente sarà un messaggio di grande speranza: nonostante tutto, il bene vince sempre.

Ma noi napoletani questo lo sappiamo da tempo: ce lo ha insegnato il Cristo velato.

30.11.2020

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