Eduardo De Filippo e il Teatro San Ferdinando
Il Teatro San Ferdinando di Napoli fu costruito 231 anni fa nei pressi del Rione Sanità, in una traversa di via Foria, uno dei quartieri più rappresentativi dei costumi e delle abitudini del popolo napoletano.
Si racconta che a volere la sua costruzione fosse stato re Ferdinando IV, entusiasta dell’opera buffa. Costruito sul progetto dell’architetto Camillo Leonti e del decoratore Domenico Chelli, fu inaugurato nel 1791 con la rappresentazione dell’opera “Il falegname” di Domenico Cimarosa. Negli anni successivi il teatro, a causa di un susseguirsi di gestioni mediocri, accolse rappresentazioni di compagnie dilettanti. Attraverso vendite e subaffitti il San Ferdinando tornò a risplendere nel 1889-1890 grazie a Eduardo Scarpetta, il quale rappresentò i suoi maggiori successi. Nel 1930 fu nuovamente dato in affitto e trasformato in “Cinema Teatro Principe”. Il Teatro fu distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale ; fu poi venduto nel 1948 dall’ultimo proprietà a Eduardo De Filippo che per l’acquisto dette fondo ai suoi risparmi e si indebitò con le banche; ciò che lo indusse ad un’impresa estremamente impegnativa fu il desiderio di restituire a Napoli uno dei suoi teatri storici. Eduardo impegnò tutte le sue energie per costruire un teatro che rappresentasse la società dell’epoca e che conferisse al dialetto napoletano dignità linguistica; avviò un percorso di trasformazione del teatro dialettale in teatro d’arte. L’inaugurazione del teatro avvenne nell’ottobre del 1954 con la rappresentazione dell’opera “Palummella zompa e vola” di Antonio Petito. Nel 1961 problemi economici condussero alla chiusura del teatro. Grazie ad un impegnativo progetto di Paolo Grassi ed Giorgio Strehler del Piccolo Teatro di Milano, nel 1964 nacque la società “teatrale napoletana” al fine di un accostamento culturale tra Napoli e Milano e di riconoscere al dialetto napoletano una dignità teatrale. Nel 1984, con la morte di Eduardo De Filippo, il teatro venne chiuso fino al 1996, anno in cui Luca, figlio di Eduardo, lo donò al Comune di Napoli affinchè lo restaurasse e lo destinasse al pubblico napoletano Eduardo De Filippo, attraverso l’amore per il teatro, la passione per la scrittura drammaturgica e una profonda conoscenza del popolo napoletano, ricco di sentimenti umani, sempre capace di sopravvivere nella precarietà e nella miseria con filosofia e generosità, si impegnò a rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature. Nella pubblicazione del suo lavoro “Eduardo De Filippo e il Teatro San Ferdinando”, edito dallo stesso e stampato a Napoli per i tipi dell’Arte Tipografica, confessò al popolo napoletano quanto fosse meravigliato di essere proprietario di un teatro; ricordava, infatti, che la carta di 1.000 lire l’aveva conosciuta all’età di trent’anni… (aveva jettà ‘o sango minimo per tre mise, a duje spettacule ‘o juorno e na prova ‘a matina n’copp’‘o teatro Nuovo; E, sempre rivolto al popolo napoletano, concluse “Come me venette ‘ncapa ‘e fravecà stu teatro, nun v’’o sacce dicere…a me nun me vò trasì ‘ncapa ca songo ‘o padrone: Pecchè, scusate: vuie quanno v’avite accattato un palco o una poltrona, pe chelle ddoie ore ca dura ‘o spettacolo, site patrune vuie. Insomma voglio dicere ca songhe patrune tutte chille ca s’accattano ‘o biglietto e traseno e tutte chille che trasarranno quanno nuie simme muorte tutte quante”.