Gli antichi mestieri napoletani
Da accimatore a zufolaro, l’elenco alfabetico degli antichi mestieri
napoletani ne
contiene approssimativamente più di 200, di cui la maggior parte testimonia la
capacità del popolo napoletano di inventarsi i più inconsueti mestieri, a volte
non
legali, per combattere la quotidiana miseria; capacità opportunamente definita
“arte
di arrangiarsi”
Alcuni degli antichi mestieri napoletani:
Accimatore era colui che rifiniva e riparava le decorazioni
dei tessuti;
Casadduoglio era il venditore di formaggi, olio passata di
pomodori, salumi,
legumi, aringhe, vino ma anche sapone e detersivi;
Cavarente era una specie di dentista, che estraeva i denti per
strada; egli per
compiere questa operazione metteva in bocca allo sventurato una pallina di
vetro o di
carta;
Chiammatore era un operaio che aveva il compito di andare
all’alba per le
strade per svegliare dal sonno i compagni di lavoro;
Franfelliccaro preparava e vendeva ‘e franfellicche
(caramelle). che otteneva
mediante un impasto di zucchero, miele e sciroppo colorato. L’impasto poi
veniva
riscaldato in pentola fino a divenire denso, Successivamente l’impasto veniva
posto
su un piano di marmo ben oleato, lavorato fino a ottenere cilindri sottili e
lasciati poi
solidificare all’aria. Questi bastoncini, una volta raffreddati, venivano
tagliati a
piccoli pezzi e venduti, per la gioia dei bambini, dal franfelliccaro, il quale
con una
cesta piena di questi franfellicchi girava per i vicoli e le strade di Napoli;
Mastuggiorgio era un infermiere di manicomio. Il nome potrebbe
dervare dal
greco mastigofòros cioè portatore di frusta e secondo alcuni deriva dal Maestro
Giorgio Cattaneo, castigamatti del XVII secolo, che curava i matti con percosse
e
violenze;
Scistaiuolo era il venditore di scisto, cioè del petrolio che
serviva al
funzionamento dei lumi a petrolio;
Purmunaro era il venditore di frattaglie per gatti; egli
batteva continuamente
bacchette di ferro per fare accorrere i gatti;
Zarellaro vendeva nella sua bottega un po’ di tutto: bottoni,
forbici, aghi, cotone,
penne , pennini, gomme, portapastelli, lacci per le scarpe, spille ‘e nutrice,
merletti,
scope, spugne ,secchi, siringhe, ovatta, alcool, ecc. Oggi il termine zarellaro
viene usato per dimostrare disprezzo verso una persona privo di
specializzazione e
di professionalità;
Zufolaro era il venditore di strumenti musicali, ricavati
intagliando delle canne.
Questi strumenti a fiato, costruiti con un cilindro di canna e usati da
contadini e
pastori, erano detti zufoli. Lo zufolaro girava la città suonando le sue
creazioni per
attirare i clienti, soprattutto i bambini.
Oggi non esistono più molti dei vecchi mestieri svolti dalla classe sociale più
indigente ma esistono a Napoli strade e stradine che conservano il nome dei
mestieri che in esse si svolgevano. Ricordiamo, ad esempio, vico Scassacocchie,
tra
via dei Tribunali e Spaccanapoli, luogo in cui vi erano gli sfasciacarrozze che
rivendevano a basso prezzo le parti in legno riutilizzabili, inoltre vico
Tronai ai
Cristallini (nella Sanità) dove vi erano fabbriche di fuochi di artificio, in
dialetto
detti “trone” per il rumore dei botti, simile a quello dei tuono
Ancora oggi esistono il vico dei Canestrari, dove vi erano artigiani che
intrecciavano
i canestri, il vico Zappari, dove venivano prodotti arnesi di ferro utili
ai lavoratori
campestri, quello degli Scoppettieri, specializzato nella
fabbricazione delle armi da
fuoco e tanti altri vicoli e vie.