Se l’amore per la maglia azzurra si riversasse su Napoli come casa di tutti?
Il Napoli è campione d’Italia con il suo terzo scudetto. Vittoria arricchita da Osimhen capocannoniere. Se c’è un elemento che unifica e motiva i napoletani è senza ombra di dubbio l’amore per la maglia azzurra, che più che essere considerata una passione, costituisce un vero e proprio credo religioso nel vero senso etimologico della parola. Ma si sa che una delle caratteristiche di Napoli è proprio il suo non essere una città normale e, quindi, nella sua non omologazione, che si tramuta in forza creativa ed innovativa. Napoli è la città del caos ordinato, che raccoglie in sé gli elementi caotici primordiali della sua antica tradizione uniti ad un ordine che, in nome della libertà, è sempre dotato di una forte flessibilità per poter essere resiliente e quindi adattarsi ad ogni situazione, frutto storico del suo conformarsi alle diverse dominazioni. Una città chiusa nel difendere la propria identità tradizionale ed al contempo aperta ad ogni forma di influsso culturale da cui cerca di trarre il meglio con un grande spirito critico che la porta a rielaborare in modo proprio ed originale i vari influssi del mondo globale, rendendola così la prima vera città al mondo con una cultura glocale e, come tale, baluardo culturale da difendere. In una città sostanzialmente greca dove Luciano De Crescenzo scrisse in modo ateniese Il dubbio e dove, da sempre, l’arte di arrangiarsi per la sopravvivenza è un problem solving pragmatico, in termini di resilienza a costo zero di tipo spartano, ed un problem solving strategico di tipo romano, quasi alla Giulio Cesare con il suo pratico e concreto motto Veni, Vidi, Vici, e dove uno spirito pacifico di accoglienza ed integrazione guida da secoli un popolo in un cammino storico fatto di continue umiliazioni ed ingiustizie, i napoletani hanno visto nella loro squadra di calcio uno dei luoghi prediletti dove riversare la speranza per una rinascita sociale collettiva ed un simbolo forte di unità in grado di scacciare le divisioni e, con esse, le conflittualità che impediscono lo sviluppo della città e la sua fioritura. In una città un poco matta – nel senso buono del temine – si può prendere in giro qualsiasi cosa ma mai la squadra di calcio; si può gettare la carta per terra, ma mai la bandiera del Napoli; può accadere qualsiasi cosa di brutto ma il pathos del vero tifoso napoletano tocca l’apice della sua gioia o della sua disperazione davanti ad una partita della squadra del cuore perché è lì, nella squadra, che ci ha messo tutto il cuore, con tutte le sue passioni e le sue aspettative subconscie più profonde. E se questo cuore con la sua energia Napoli lo riversasse non solo nel calcio? Se Napoli riversasse tutto il suo cuore, con la sua energia, in ogni settore, allora la città rinascerebbe nel giro di poco tempo, perché se tutti i talenti si unissero nelle loro diversità, come i giocatori del Napoli, se ognuno iniziasse veramente a portare, con il proprio cuore, il proprio contributo alla città, con la stessa passione e la stessa fame di vittoria e voglia di vincere che si vede allo stadio quando sventola la bandiera, allora le cose a Napoli cambierebbero realmente e la città rinascerebbe in breve tempo. Può sembrare una esagerazione, in termini di disequilibrio, il legame generato fra le diverse anime di Napoli e la squadra del cuore. Invece, a chi vive la città, appare chiaro che tale legame sociale genera un senso collettivo di appartenenza, che ha una grande energia sotto forma di voglia di riscatto sociale. Per questo, lo stadio viene vissuto non solo come luogo di intrattenimento, ma come luogo di incontro in cui ciascuno porta ciò di cui dispone per supportare al meglio la squadra. Così, in un dialogo fra le diverse componenti della città, che passa dal dibattito erudito delle tribune, ai riti scaramantici quasi tribali delle curve, passando per i distinti, non può non ricordare, per certi aspetti, la La livella di Totò, la quale ci rammenta che siamo tutti sotto il cielo e che la città è un bene comune di tutti di cui prendersi cura insieme. In un periodo storico, dove forze ostili al dialogo costruttivo usano il calcio come strumento divisivo, lo scudetto del Napoli diventa occasione di unione per il popolo e quella rabbia che troppo spesso diventa violenza, se ben convogliata, come si è dimostrato, si muta in una forma di collaborazione collettiva per abbellire la città e dar luogo ad una grande festa inclusiva. Il richiamo a consistenti flussi di turismo è stato inevitabile. Turisti da ogni dove vengono a toccare con mano quel miracolo napoletano, in termini di rinascita civile che ha trovato, nel terzo scudetto del Napoli, quel propulsore dell’ottimismo che trasforma l’energia da distruttiva a costruttiva e ha visto passare i cittadini dalla lamentela sterile e controproducente alla riflessione ed azione concreta. I risultati sono stati immediati e chi ha partecipato alla grande festa del Napoli si è ritrovato nei grandi festeggiamenti dello scudetto che hanno creato business, occasioni di incontro, sviluppo e lavoro per tutti. I napoletani abbandonano l’atomismo sociale ed iniziano a collaborare ed i risultati del Napoli in campo si riversano nelle strade come risultati in termini di miglioramento della città. Un miglioramento costante che solo la perseveranza, motivata dal grande sogno, può costruire. Come lo scudetto, anche le rinascite civili si costruiscono insieme, come gioco di squadra. Ecco che allora il grande sogno motivante del terzo scudetto diventa come un motore turbo per la rinascita della città che, prendendo ad esempio l’operato della propria squadra del cuore, lavora costantemente, con perseveranza ed a testa bassa per costruire la vittoria. Una Napoli che si candida a città europea per la sua mentalità, che unisce in modo creativo la filosofia ateniese alla praticità spartana unita ad un modello strategico tipicamente romano. Tre caratteristiche, come le tre principali radici o anime della città, come tre scudetti diversi ed uniti fra di loro a formare uno scudo culturale di ripartenza che trova le sue radici nella parola chiave di ogni rinascita: la speranza. Napoli quindi come nea-polis, città nuova, come città europea della speranza. Basta che i napoletani ci credano. Basta che muti la mentalità della città che, da vittima del proprio destino, si ritrovi a comprendere che invece è artefice del proprio futuro. Forza Napoli! Sempre!