Un’imprenditrice della ristorazione decisa a ripartire

L’agriturismo Nonno Luigino, situato a Massaquano, antico borgo di Vico Equense, in una vallata alle pendici del monte Faito, è nato nell’aprile 2004. La famiglia Caccioppoli ha rinnovato l’azienda agricola – ovicola in azienda agrituristica. Inizialmente dedita all’attività di ristorazione ed alloggio, con sette camere ed un mini appartamento, quest’ultima è diventata una Fattoria Pedagogica, realizzando progetti di educazione alimentare – ambientale. Tutti i piatti del menu sono ottenuti con prodotti agricoli di produzione propria, come le pregiate carni dell’allevamento di famiglia, il vino e l’olio extravergine, i sottoli, i salumi, le conserve ed i liquori tipici come il limoncello ed il finocchietto. In questa terra assai fertile il pomodoro convive con la vite, le piante di olivo si incrociano nelle chiome con la noce di Sorrento fra un’esplosione di erbe aromatiche ed i colori dei peperoni, delle zucchine, delle melenzane. Oggi intervisto Mena, che insieme ai fratelli Luigi, Mauro, Raffaele, ed i genitori Giovanni e Bianca, ha costruito una vera e propria oasi di benessere e di accoglienza.

Cosa ha significato per un imprenditore della ristorazione l’impasse causato dalla pandemia del Covid?

Come tutte le altre imprese, abbiamo vissuto, ed in parte ancora viviamo, notevoli difficoltà di gestione in mancanza di un coordinamento generale. Il turismo e l’intero indotto, compreso quello commerciale, è in forte affanno, la situazione è allarmante. Il problema principale è stato scegliere se riaprire o no: al di là delle dure norme ed i protocolli da seguire, che hanno messo a repentaglio la vita delle aziende, è stata grande la responsabilità di riprendere l’attività. La questione salute-turismo è al centro di ogni ragionamento ed ipotesi.  All’inizio siamo stati bombardati da reiterate discussioni, poi la situazione si è ammorbidita. Il ristorante è stato “puntato” come luogo di diffusione, la ristorazione è stata ritenuta amplificatore del contagio ed è stato assai stressante, a livello psicologico ed economico, attendere istruzioni.

Come vi siete organizzati?

Durante la chiusura siamo andati avanti: il lavoro in campagna non si è fermato, le piante e gli animali vanno curati, al di là della vendita dei prodotti molto richiesti. Per fortuna la fiducia nei nostri prodotti non è mai venuta meno, è stata ampiamente riconfermata. Abbiamo lavorato molto nel laboratorio interno all’azienda, fedeli alla nostra continua ricerca di innovazione che distingue il nostro marchio. Per quanto riguarda i nostri lavoratori, abbiamo chiesto l’estensione del Fondo di integrazioni salariali e l’accesso immediato al credito senza interessi con ritardo nell’elargizione.

Oggi come va, è cambiata la situazione, si può pensare al futuro?

Per noi imprese si è giocato il senso del futuro, che risulta del tutto incerto. L’attività è ripresa, ma manca il turismo estero, da sempre motore dell’attività turistica della costiera. Oggi si vive di un turismo di “prossimità”, nazionale, secondo una domanda interna. Noi addetti ai lavori viviamo molto il fallimento del nostro progetto d’impresa, non possiamo pianificare nulla, siamo diventati imprenditori alla giornata almeno per quest’anno. Ma sono fiduciosa che ne usciremo più forti di prima. Vico Equense si muove con un progetto Vetrina d’autore: in ogni negozio c’è un quadro di trenta artisti vicani a dimostrare che qui esiste ancora un cuore che pulsa e si batte per l’arte. Nell’attesa di momenti migliori rifletto sul turismo di domani per studiare ed inventare percorsi finora inediti.   

Saluto Mena, augurandole ed augurandomi di uscire da questo difficile periodo.

 

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