La magia del filo di ragno
Una notte, durante un temporale tropicale, la farfalla Tuti, mezza viola e mezza azzurra e dalle ali dai riflessi di velluto e mussolina, si rintanò in una ragnatela ad imbuto che si trovava nel tronco cavo di un albero secolare. Il buio la spaventava ed il suo corpo tremava stremato in balia delle ombre. Il padrone di casa di questo nido d’argento con striature d’oro era il cosiddetto ragno dei cunicoli di Sidney, di nome Odilo, dal corpo nero con sfumature bluastre nelle otto zampette pelose, famoso nella vallata per il suo caratteraccio e l’indole solitaria. Questi, come la vide la mattina seguente, rimase incantato dalla sua bellezza e decise di proteggerla nel suo nascondiglio. Tuti, durante un giro di perlustrazione, si accorse di essere ferita e di non riuscire più a spiccare il volo. “Non preoccuparti, meraviglioso esemplare, anche se mi impedisci di continuare a tessere, non ho intenzione di tenerti intrappolata”, le disse il ragno. E Tuti: “Buongiorno signor ragnetto, come vede ho rischiato di morire e sono anche ferita!”. Odilo smise il suo lavoro e sfiorò l’ala ferita. In quell’istante, come per magia, comparve una scatola di cedro del Libano che si illuminò di vivida luce e sprigionò attorno a sè un odore di resina esotica. Era un profumo mediterraneo, intenso e persistente, che si trasformò in una nebbiolina rosata. Fra le piante d’aloe un rospo smeraldino, dalle iridi giallo limone, che era scivolato su una foglia, guardava con stupore la scena insieme ad una salamandra pezzata. L’oca Krasty ammutolì, stupefatta. “Questa sarà la tua nuova dimora, finchè non sarai guarita, ora ti ricucio il pezzetto di ala che ti manca per continuare a volteggiare felice”, esclamò con gentilezza il ragno. Ma ecco che uno sciame di api selvatiche, guidate dalla regina Tigelia, che cantava in Sol diesis, attaccò la scatola che era molto delicata. Un inebriante aroma di polline le aveva attirate avide. “Signor ragnetto, sono finita, l’impeto di queste forsennate si abbatte sul mio corpo dolorante”, gridò Tuti al colmo della disperazione. E lui, di rimando “Farfallina stai serena ed al mio tre ripeti con me: “Colori del cielo, forza del bosco, venite in soccorso ed io ci riesco. Colori del cielo, linfa del bosco, tiratemi fuori da questa minaccia e lesta rinasco!”. La farfalla, avvolta da bagliori e da un vortice di polvere di ragnatela fatata spiccò il volo, spaventando le api che non riuscivano più ad orientarsi e volavano alla cieca. Poi ritornò indietro, prese il ragnetto sull’ala sana e gli permise di continuare il lavoro sull’altra malandata. Mentre planava bassa verso il cofanetto, così recitava: “Colori del cielo, forza del bosco aiutate il ragnetto, perchè lesto rattoppi il buchetto. Col filo intrecciato e poi ricamato, il capolavoro sia subito fatto!”. L’ala fu ricucita con perfetta perizia e Tuti espresse con inchini e moine la sua gratitudine al cortese custode del volo. Fu così che, sfiorata dall’incantesimo del ragnetto, diventò la regina del bosco. Cullata dalla brezza, si inabissava allegra con rapidi guizzi fra l’erba e riemergeva rapida nel cielo immenso; oscillava felice nelle albe fiorite, nelle notti stellate alla luce della luna. La sua vita non sarebbe durata nemmeno un giorno, se non avesse incontrato il suo eroe. Ora vagava nello spazio e nel tempo dei sogni. Non volle più volare via: scelse la scatola come casa ed il ragno come sua famiglia. Questi diventò più affabile e conobbe il dono incommensurabile dell’amicizia con tanti altri animaletti. Entrò in sintonia con l’arguto delfino Tursiops, il gatto Alvaro, dalla lunga coda come quella del procione, la cicogna bianca Kalinda, dal lungo becco. Pur se non sapeva librarsi sulle ali del vento, come avrebbe voluto, aveva imparato a cogliere meraviglie sulla terra fino ad allora sconosciute.
Claudia Raffaele